Maurizio Pasquini ha partecipato all’Autore dell’anno nel 2016 con il portfolio IRAN: Evoluzione dei costumi in un paese che cambia“, risultando finalista

1. L’intervista

In 5 righe descrivi Maurizio Pasquini  fotografo

Sono Maurizio Pasquini, nasco a Senigallia dove vivo. Ho partecipato a vari concorsi locali anche a carattere nazionale ottenendo discreti riconoscimenti e anche qualche primo premio. Nel 2016 con un mio portfolio ho partecipato allo “Autore dell’anno” patrocinato dalla FIAF piazzandomi tra i primi sei delle Marche. Stampo in proprio le mie foto. Nel 2017 ho allestito una mia personale presso la Biblioteca Antonelliana di Senigallia.

Quando e come ti sei appassionato al mondo della fotografia e che posto occupa nella tua vita

Debbo la mia passione a Mario Giacomelli. Quando frequentavo le medie la sua tipografia era accanto al negozio di mio padre e quasi tutti i giorni, finiti i compiti, ero da lui a rompergli le scatole, a seguire le sue discussioni con i suoi colleghi ed a porgli un’infinità di domande: la sua pazienza ha fatto sì che a 15 anni ho iniziato le mie prime esperienze fotografiche in camera oscura. Passione abbandonata verso i 20 anni e poi ripresa una decina di anni fa come hobby.

Come si è evoluta la tua cultura fotografica: pratica, partecipazione a corsi, studio dei grandi autori, visite a mostre, ricerche sul web, libri di tecnica……

Un po’ di tutto, specialmente il confronto continuo con altri amici fotografi senigalliesi.

Hai dei generi fotografici che prediligi o ti piace la fotografia a 360°? Se vuoi motiva la tua scelta

Non ho preclusioni sul genere, quelli che meno amo sono i paesaggi classici, quelli tipo cartolina, e gli animali e la macro ma questo probabilmente perché non ne sono capace. Non mi piacciono le doppie esposizioni e le elaborazioni spinte al computer.

Rapporto analogica/digitale e rapporto colore/bianconero, come ti muovi nei confronti degli eterni dilemmi di fondo che agitano la vita di un fotografo?

Nasco analogico, sviluppavo in camera oscura, ma penso che non si possa ormai rinunciare alla tecnica ed ai mezzi che questa ci mette a disposizione. Oggi totalmente digitale. Prediligo il bianco e nero ma ci sono situazioni in cui non puoi che usare il colore. Non amo le intromissioni di parti colorate in una foto in bianco e nero.

Partecipi alla vita di un fotoclub? Puoi motivare questa tua scelta? Cosa ti affascina delle attività collettive?

Sono socio del Gruppo Fotografico F/7 di Senigallia. La scelta è dovuta al fatto che senza un confronto con chi ha la tua stessa passione non ti fa crescere. Poi stare insieme ad altri, confrontarsi senza rivalità o giochi di potere non può che farti migliorare. Ne uscirei subito se mancassero queste caratteristiche.

Come sei entrato nel mondo del portfolio fotografico e come vivi adesso queste esperienze?

Non sono capace di fare “le uscite a tema” di solito i miei portfolio nascono da una foto magari scattata tempo prima, rivista ripensata e poi integrata da altri scatti. Come per una lettera: trovata la prima frase poi si riesce speditamente a scriverla.

Hai qualche progetto fotografico in gestazione e ce ne vuoi dare un accenno? (senza svelare troppo le tue idee)

Un progetto diciamo a sfondo “grafico” che mi sembrava molto semplice ma da un anno ancora è composto solo da quattro foto. Un altro è stato appena concluso ed è esposto in un bar-libreria della mia città per il mese di luglio.

In due righe pensa di voler convincere un amico a dedicarsi alla fotografia, cosa gli diresti?

“Ciò che ti circonda muta in continuazione: se guardi un paesaggio, o una strada, un attimo dopo è già cambiata. Solo una fotografia può fermarla nel momento in cui la osservi”

Per finire: puoi sintetizzare in tre righe l’idea progettuale dalla quale è scaturito il portfolio in questione?

Ero in Iran. Non mancavano i soggetti per una foto. Ma vengo colpito da come le giovani cercavano di uscire dalla costrizione del velo nero trasformandolo in un accessorio di abbigliamento. Quindi ho montato un tele, abbandonato i monumenti e fotografato veli e foulard.

2. La foto del cuore

“Uno sguardo” una persona anziana che guarda dei bambini che giocano a pallone (si può intuire dai riflessi nei suoi occhi). Per me è il ciclo della vita: nonni … nipoti, declino … rinascita, fine … inizio.

3. Il portfolio

IRAN: “Evoluzione dei costumi in un paese che cambia”

“Hijab”, termine arabo per: nascondere, coprire, celare allo sguardo.
È con questo termine che viene indicato il “velo islamico”: il velo nero che obbliga le donne a celarsi agli sguardi.
Il primo incontro con lo hijad è stato quando la hostess ha annunciato l’atterraggio a Teheran. Immediatamente intorno a me un frenetico aprir di borse dalle quali escono fagotti neri. Dopo poco è uno sventolio di veli neri che si posano sui capelli e sui vestiti delle donne che erano sedute poco distanti.
Guardo un po’ incredulo, ora il colore che domina nella carlinga è il nero. Non è un bel presagio per quello che penso di vedere nel paese che mi accingo a visitare.
Però man mano che inizio a girare, a visitare le città scopro una realtà diversa, una realtà di persone aperte e cordiali, di città frenetiche e moderne, di un paese che cerca di liberarsi. E scopro che specialmente nei grandi centri, nei campus universitari e nei luoghi frequentati dai giovani il velo nero è via via sempre più raro. Si riduce, si colora, è trasformato in oggetto d’abbigliamento che non nasconde ma esalta anzi è quasi ostentato con una certa sensualità.
Da viaggiatore con una macchina fotografica ho pensato di testimoniare questa realtà.

4. Il commento

La fotografia testimonia, racconta, mette in evidenza i mutamenti sociali con tutto il suo bagaglio di difficoltà e contraddizioni che accompagna sempre trasformazioni inevitabili.
La rivoluzione industriale, il consumismo e il conseguente cambio di valori fanno vacillare anche principi religiosi forti come quelli della religione islamica. Si sa che la fede islamica non è un fatto privato ma investe anche la sfera politica e pubblica. Una scelta imposta che le nuove generazioni vogliono invece scegliere e non subire.
I giovani sono attratti dallo sfavillio della civiltà occidentale che propone una libertà che spesso non si rivela tale, ma è manovra di multinazionali a cui interessa solo il profitto.
Le immagini di Pasquini ci testimoniano il volto di un Iran che cambia, che non vuole rimanere ai margini ma vuole acquisire modelli sociali globali, dove il ruolo della donna non è solo quello di madre e moglie, ma di colei che vuole scegliere cosa fare e in cosa credere.
(Giancarla Lorenzini)

5. Dove trovate Maurizio

Circolo fotografico – Gruppo Fotografico F/7″ di Senigallia
Pagina Facebook – http://www.facebook.com/maurizio.pasquini.98
Mail – alcatrazsenigallia@alice.it