Ugo Marinelli 1959, Anconetano
Sempre stato appassionato di fotografia, narra che da qualche parte ci sia una fotografia (ma nessuno l’ha mai vista) che lo ritrae sul seggiolone mentre tenta di guardare nel mirino di una macchina fotografica più grossa di lui.
Durante l’adolescenza, completamente autodidatta, si dedica alla fotografia con tutto l’entusiasmo della giovane età, pensando che “da grande” avrebbe fatto il fotografo. Dopo aver speso un’estate “a garzone” da uno storico fotografo anconetano, capisce che la fotografia è bella finche’ non è un lavoro e decide di diventare dilettante a vita. Messe quindi da parte velleità professionali, prova la strada della fotografia artistica, che abbandona immediatamente dopo aver partecipato senza successo ad alcuni concorsi fotografici. Anarchico nell’anima e profondamente piccato nell’onore, decide di accantonare per un po’ la fotografia e tutti i suoi annessi.
Riscopre la sua passione mai sopita nel 2001, grazie ad internet ed un noto newsgroup (it.arti.fotografia), decide di dedicarcisi con più impegno, studiando basi e composizione con metodo. Nel frattempo, grazie ad un lavoro stabile si attrezza con macchine ed obiettivi di tutto rispetto, mettendo a dura prova la tenuta del proprio conto corrente, finche’ nel 2009 non incappa in una mostra di Marco Palmioli dedicata alle “Visioni Leopardiane”. Scopre il mondo stenopeico e della fotografia fatto con semplici scatole a costo zero.
Da un incontro fortuito conosce personalmente il Palmioli da cui trarrà, oltre ad una profonda amicizia, anche consigli e aiuti per addentrarsi nel magnifico mondo Stenopeico.
In occasione del periodo dell’Expo, Ugo e Marco, in partnership con New & Old Camera di Milano, lavorano sul progetto “MOOZ – organic photography” dove realizzano fotografie stenopeiche (con macchine realizzate da materiali riciclati) su conchiglie e sviluppo dell’immagine con rivelatore organico a base di caffè (il cosiddetto Caffenol).
Attualmente Ugo è il referente per la fotografia per il CircolOff di Ancona.

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Italian Pripyats (2010-2014)
Pripyat è la città fantasma che ha subito il fall-out nucleare a seguito del disastro della centrale di Chernobyl.
Anche nel nostro paese ci sono zone degradate, generalmente interdette all’accesso, che l’autore chiama le “Pripyat Italiane”. Sono zone distorte dalla prospettiva umana del guadagno senza futuro, dove ora a fatica, la natura cerca di rientrare “dalla finestra”. Ed a volte non solo metaforicamente.
I titoli delle foto e le atmosfere sono liberamente inspirate dal film “Stalker” del 1979 di Andrej Tarkovskij.
Questo portfolio e’ stato valutato interessante sia da Grazia Neri nel 2012 che dal team di LensCulture con il seguente commento:
“Questo lavoro è interessante proprio per la molteplicità di significati e riferimenti che comprende, e perché ha una valenza sia documentaria che narrativa senz’altro significativa.
La ricerca di una precisa estetica – che effettivamente evoca l’atmosfera di “Stalker” – attraverso scelte opportune cromatiche e compositi, è un elemento che rende l’insieme delle immagini coerente; questo è indubbiamente un punto di forza della serie e rivela una discreta maturità espressiva.”