Giulio Brega ha partecipato all’Autore dell’anno nel 2013 (finalista), 2014 (selezionato) e nel 2016, risultando vincitore. Per questa nostra pagina presenta il portfolio “Cawri bazar” presentato nel 2016

1. L’intervista

In 5 righe descrivi Giulio Brega fotografo.

Mi ritengo un fotoamatore, termine dal sapore un po’ retrò e sempre meno usato ma che secondo me definisce appieno il mio rapporto con la fotografia. La fotografia è un amore che, anche se a fasi alterne, ha accompagnato tutta la mia vita. Fotografando assecondo la mia voglia di esplorare in una continua ricerca di emozioni.

Quando e come ti sei appassionato al mondo della fotografia e che posto occupa nella tua vita

Mi sono appassionato alla fotografia da bambino grazie ad uno storico fotografo fabrianese che mi ha permesso di assistere, nella sua camera oscura, alla magia delle immagini che apparivano miracolosamente dalla carta. Da lì in poi la fotografia è diventata una delle mie più grandi passioni e da qualche anno occupa quasi interamente il mio tempo libero.

Come si è evoluta la tua cultura fotografica: pratica, partecipazione a corsi, studio dei grandi autori, visite a mostre, ricerche sul web, libri di tecnica

Ho iniziato da autodidatta con una Pentax K100 completamente manuale, un libro per i rudimenti della tecnica e tanta passione. Poco più che ventenne ho avuto la fortuna di frequentare un corso di studi ottenendo la qualifica di “Operatore di immagine” con fotografi marchigiani del calibro di Giacomelli, Pegoli, Enzo Carli ed altri. Da loro ho ricevuto i primi strumenti per capire ed amare le immagini. L’amore per la fotografia mi ha portato e mi porta tuttora ad essere un assiduo frequentatore di mostre e lettore di libri. La tecnica mi appassiona molto meno anche se cerco sempre di migliorarmi anche sotto quell’aspetto.

Hai dei generi fotografici che prediligi o ti piace la fotografia a 360°? Se vuoi motiva la tua scelta

Posso dire che amo tutta la fotografia ma come tutti i fotografi prediligo alcuni generi che credo siano più nelle mie “corde”. La street photography e la fotografia umanistica sono i generi che preferisco. Per me il soggetto umano è fondamentale. Attraverso le persone amo raccontare luoghi ed emozioni. Le immagini classiche di Bresson di Elliot della Maier e molti altri hanno formato il mio modo di fotografare tuttavia anche per gioco amo esplorare tutti i generi fotografici.

Rapporto analogica/digitale e rapporto colore/bianconero, come ti muovi nei confronti degli eterni dilemmi di fondo che agitano la vita di un fotografo?

Sinceramente è una diatriba che non mi appassiona molto. Io sono nato con l’analogico e rigrazio questa tecnologia che mi insegnato a pensare prima di scattare ma attualmente scatto in digitale per le enormi possibilità che esso offre, sinceramente farei fatica a tornare indietro. Cosa diversa è scegliere fra il bianconero e il colore, quì la scelta viene dettata non tanto dal “gusto” ma dalla necessità di trasmettere nel modo più opportuno il mio racconto. Semplificando in due righe, uso il colore solamente quando è necessario al racconto, se il colore non aggiunge ma anzi distrae e mi dà informazioni non necessarie allora uso il bianconero.

Partecipi alla vita di un fotoclub? Puoi motivare questa tua scelta? Cosa ti affascina delle attività collettive?

Sono un membro del Fotoclub Artivisive di Fabriano e partecipo volentieri alla vita ed alle attività del Club. Trovo importante il confronto e lo scambio di esperienze e ritengo che il fotoclub sia ancora il luogo fisico più importante dove alimentare e far crescere la nostra passione, tuttavia l’avvento dei social con la loro velocità e la capacità di raggiungere velocemente un numero grandissimo di persone ha reso il fotoclub sempre meno attraente specialmente per i giovani, per questo ritengo che anche il fotoclub debba in qualche modo provare a reinventarsi. Apprezzo molto il sistema dei “laboratori” che uscendo dai confini della propria città creano situazioni di lavoro e di scambio molto interessanti.

Come sei entrato nel mondo del portfolio fotografico e come vivi adesso queste esperienze?

Per me il portfolio fotografico è il modo più efficace ed intrigante per raccontare una storia. Mi sono avvicinato a questo mondo assistendo ai tavoli di lettura. Da lì ho cominciato a appassionarmi ed a presentare timidamente i miei primi tentativi di portfolio, le critiche ai miei primi lavori mi hanno permesso di crescere e di perfezionarmi fino ad ottenere delle belle soddifazioni. Un grazie di cuore quindi a quei lettori che con garbo e pazienza mi hanno “massacrato” ai tavoli di lettura. Oggi sono sempre alla ricerca di nuove storie cercando soprattutto di continuare a divertirmi con la fotografia.

Hai qualche progetto fotografico in gestazione e ce ne vuoi dare un accenno? (senza svelare troppo le tue idee)

Attualmente ho più lavori che sto portando avanti contemporaneamente, uno quasi concluso è stato realizzato a Tokyo, un lavoro che si concentra su dei comportamenti necessari per sfuggire alla pressione di questa megalopoli. Poi da poco sono tornato dal Perù e ho del materiale su cui lavorare.

In due righe pensa di voler convincere un amico a dedicarsi alla fotografia, cosa gli diresti?

Prima di tutto fotografare è divertente e ti permette di esprimerti con un linguaggio diverso. Con le foto puoi mostrare il tuo punto di vista in modo più efficace di tante parole.

2. La foto del cuore

Sono diverse le foto a cui sono affezionato ma sicuramente questa è quella che ritengo l’immagine più importante che ho scattato fino ad ora. E’ stata scattata in India nel 2014. E’ stata la foto da cui ho avuto le più grandi soddisfazioni, tra cui il primo premio in un concorso internazionale e il podio in concorsi nazionali e manifestazioni fotografiche. Ancora oggi quando la guardo riesce a trasmettermi sempre nuove emozioni.

3. Il portfolio

Sinceramente questo lavoro non è nato da un vero e proprio progetto ma da un “metodo” che io uso in molte occasioni. In questo caso trovandomi in un posto nuovo, le sensazioni che ho provato sono state diverse, ho cercato con calma di analizzarle, poi seguendole ho cercato di tradurle in fotografia. Nel caso del portfolio “Cawri bazar” la sensazione che ho raccontato è quella del caos che viene rappresentato sin dalla prima immagine, dove, sollevando lo sguardo ho immortalato i fili elettrici che oscuravano il cielo per poi scendere attraverso le strette vie del mercato piene di gente e di traffico fino ad arrivare all’immagine di chiusura dove, alzando di nuovo lo sguardo, ho raccontato il caos abitativo. Sono convinto che delle volte ci si arrovella su cose complicate o storie eccezionali, riuscire ad osservare anche quello che ci circonda e che magari sembra banale può essere allo stesso modo fonte di ispirazione.
Una bella citazione diceva “Non esistono soggetti banali ma un modo banale di fotografare”

4. Il commento

Osservando il collage (visibile qua sopra) composto dalle miniature di questo lavoro di Giulio Brega, sembra di trovarsi semplicemente davanti ad un – pur bellissimo – patchwork monocromatico, tanto fitta e minuta è la trama delle scene rappresentate nelle immagini ridimensionate.
Ma, entrando nel portfolio ed osservando le singole immagini, si svelano scene di un mondo complesso ed intricato, in cui l’obiettivo di Giulio sa tuffarsi perfettamente seguendo un indiscutibile, innato istinto nel saper cogliere ed estrapolare attimi di una vita frenetica, caotica, disordinata, ma al cui interno, evidentemente, tutto si muove secondo precise logiche vitali, forse a noi sconosciute.
Sono scene di mille vite quotidiane intrecciate tra loro, tutte diverse, ma che trovano una loro unitarietà proprio nel sapersi perfettamente inserire nel disordine e nel caos che sembrano governare quel mondo, e che trasudano da questo e da tanti altri lavori fotografici realizzati in quel mondo speciale.
Contenuti, a mio parere, straordinariamente vitali, accompagnati da una tecnica di pari livello, che nell’impasto ben dosato della gamma tonale monocromatica riesce a dare equilibrio al tutto, facendo risaltare visi, azioni, particolari che danno contenuti densi e palpabili alle immagini.
(Sauro Marini)

5. Dove trovate Giulio

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