La conoscenza con Claudio Colotti è nata con la complicità di AnconaFotoFestival, a cui ha preso parte nella edizione del 2018 con il suo lavoro sul terremoto dei Sibillini del 2016.
Dall’esposizione di quel magistrale reportage “MAI+ Il sisma nel centro Italia tra volti e macerie”, che aveva già riscosso successo in varie altre esposizioni, è nata una amicizia che va oltre il semplice aspetto fotografico, comprendendo tra i suoi vari aspetti anche le occasioni gastroculturali, seduti con le gambe sotto lo stesso tavolo.
In questa occasione Claudio ci presenta “MicroPolis – La città di provincia al tempo del Melting Pot“, lavoro che ho avuto la fortuna di vedere esposto al Lido Cluana di Civitanova Marche nell’estate del 2018.
Se volete rendervi conto da vicino di come Colotti lavora – tuffandosi a corpo morto, e con grande intuito e intelligenza, nelle realtà che punta con i suoi obiettivi – fatevi un giro sui suoi profili Instagram o Facebook (riportati a fondo pagina), ma soprattutto non perdete le sue mostre se avete possibilità di visitarle, e anche gli incontri organizzati da tanti circoli fotografici marchigiani e non.

– Biografia

Giornalista pubblicista dal 2010 ha raccontato la cronaca prima sui quotidiani e settimanali locali come collaboratore e poi come redattore nella principale emittente privata delle Marche. Insieme all’attività giornalistica ha coltivato quella di fotografo sociale, un impegno che lo ha portato a documentare le mille contraddizione che investono le piccole e le grandi città italiane nel tempo della crisi.“MAI+ Il sisma nel centro Italia tra volti e macerie” è il suo primo libro fotografico edito dall’Associazione MarcheBestWay. Nel 2018 ha dato alle stampe “MicroPolis – La città di provincia al tempo del Melting Pot”, uno studio sul mutamento del tessuto sociale dei piccoli agglomerati urbani dietro le spinte della modernità. Entrambi i lavori sono stati oggetto di decine di mostre in tutta Italia e all’estero all’interno di sale espositive pubbliche.
In qualità di fotogiornalista i suoi reportage fotografici sono apparsi sulle testate: il Venerdì di Repubblica, Recenti Progressi in Medicina, The Post Internazionale, SenzaFiltro, Melting Pot Europa e Global Project.

– Il portfolio

MicroPolis – La città di provincia al tempo del Melting Pot

Dietro la spinta della modernità le città di provincia cambiano pelle. Si spogliano progressivamente della staticità e della prevedibilità che le hanno caratterizzate fino ad una manciata di anni fa, per abbracciare un dinamismo, una stratificazione sociale e quindi una conflittualità tra culture ascrivibili alle realtà più metropolitane.
Il fenomeno è riscontrabile in quasi tutte le piccole città italiane. Tuttavia nelle Marche, regione plurale e policentrica per antonomasia, tali trasformazioni sembrano manifestarsi con maggior evidenza. In particolare sulla costa vi è una città, Civitanova, che negli ultimi dieci anni, anche per via delle ridotte dimensioni della località, è stata investita da un mutamento del tessuto sociale tale da farle assumere un carattere prototipico.
La crisi economica, le migrazioni internazionali e intranazionali ma anche il sisma del centro Italia del 2016 hanno funto da acceleratori del cambiamento. Così quello che in passato era uno dei centri con il reddito pro-capite più alto della regione, grazie ad un ricco distretto calzaturiero che garantiva un benessere diffuso su tutto il territorio, dopo la crisi si è trasformato in un ambiente urbano decisamente più asciutto ma anche molto più complesso e culturalmente più vivace.
Laddove insisteva il conformismo tipico della città di provincia che sentiva di bastare a se stessa e l’ostentazione della ricchezza si esprimeva in ogni fascia d’età prima di tutto attraverso i capi d’abbigliamento, gli accessori e le automobili esibiti come attestato di benessere, oggi ritroviamo uno spazio pubblico dove s’incontrano e a volte si scontrano le tante culture costrette al confronto.
Tunisini, marocchini, cinesi ma anche romeni e polacchi. Una ricchezza della diversità che pare aver giovato soprattutto all’apertura mentale dei più giovani in termini di tolleranza e accoglienza. Tra i banchi delle scuole le seconde generazioni di migranti stringono amicizie e amori misti che poi vivono nel pomeriggio, lungo le vie del centro marinaro. I ragazzi della Generazione Z iperconnessi e cresciuti in piena crisi, ad un passo dalla maggiore età e con i piedi ben saldi a terra, vedono il loro futuro universitario e professionale fuori dai confini regionali.
Poi ci sono le fragilità, più o meno nuove più o meno gravi, drammi individuali e famigliari. Borderline e minoranze con le loro storie di emarginazione vissute tra il desiderio di essere accettati e l’autocondanna a rimanere se stessi, disinseriti e liberi.
Così, mentre i ragazzi si sforzano a creare punti di fuga costruttivi e condivisi attraverso il Rap, il ballo Hip Hop, i graffiti e lo skate, si registra la capacità dei più vecchi di resistere, ed in parte adattarsi, ad una società che ha polverizzato la famiglia, la loro struttura di riferimento.
Lungo i marciapiedi di questa metropoli in miniatura che cerca di affrancarsi dal distretto calzaturiero attraverso il turismo estivo e il commercio è possibile cogliere un piccolo mutamento antropologico che interessa ogni città di provincia italiana. Un’umanità posta di fronte ad un tempo che si è fatto sempre più piatto e obbligata a ridisegnare se stessa per sfuggire alla superficialità dell’intolleranza e dello stereotipo.

– Dove trovate Claudio

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