Ho corteggiato a lungo Andrea Rotili per poterlo avere ospite di MarcheFotografia, ricevendo sempre riscontri positivi, insieme però alle richieste di avere tempo a causa della mole di impegni cui doveva far fronte.
Andrea è un professionista di grande livello, apprezzatissimo e molto richiesto, e durante il mio corteggiamento mi era nato il dubbio di avere, questa volta, sparato troppo in alto.
Poi tutti i dubbi si sono dissolti quando mi è arrivato il suo wetransfer carico di parole e immagini che mi hanno rivelato un mondo molto più denso e profondo di quanto potessi immaginare, insieme ad una carica umana ed una modestia al pari della sua bravura. Andrea si è sottoposto anche all’intervista, che molti altri ospiti hanno semplicemente snobbato.
E’ con grande orgoglio che vi presento quindi Andrea Rotili, che ci offre qui una collezione di immagini a 360°, spaziando su diversi generi e consentendoci di capire l’ampiezza di orizzonte ed il valore dei suoi lavori fotografici.
“Due arti simili nella loro improvvisazione e spontaneità, che accadono nell’esatto momento dell’ascolto e della visione. La subitaneità catturata le unisce per sempre.”
Andrea Rotili, ricordando queste parole di William Claxton, uno dei maestri indiscussi nella storia della fotografia americana, racconta l’incontro tra musica e fotografia.
Fotografo originario della città di S.Elpidio a Mare (FM) con base operativa nello studio di Morrovalle (MC).
Specializzato in fotografia di scena, wedding, ritratti ed eventi nel mondo della musica Jazz con i quali ha raggiunto traguardi nazionali ed internazionali e collaborazioni con professionisti del settore nonché fotografo ufficiale di diversi festival jazz nazionali e internazionali. Sempre alla ricerca di raccontare attraverso le immagini ogni situazione con un approccio reportagistico e documentaristico lasciando spazio alla creatività e alla spontaneità in situazioni a volte non visibili ai nostri occhi.
Ha realizzato e organizzato diverse mostre in Italia e all’Estero, nel 2017 è stato uno dei 35 fotografi partecipanti alla grande mostra di Perugia “L’Immagine del suono” nel corso del festival Umbria Jazz.
Vincitore del Jazz World Photo nel 2015 e 3° posto nel 2017, nomination nel 2018 e 2020 al Jazz Journalist Association in U.S.A. come “Photo Jazz of the Year”, dal 2019 è entrato a far parte del team dei fotografi professionisti “Certified by Leica”, unico nelle Marche, la sua Regione, la sua Terra
– Intervista
In 5 righe descriviti come fotografo
Come ho scritto in biografia… Sempre alla ricerca di raccontare attraverso le immagini ogni situazione con un approccio reportagistico e documentaristico lasciando spazio alla creatività e alla spontaneità in situazioni a volte non visibili ai nostri occhi. Per citare una frase del grande Miles Davis e rimanere in tema musicale… “Don’t play what’s there, play what’s not there.”
Quando e come ti sei appassionato al mondo della fotografia e che posto occupa nella tua vita
Una passione nata dalla ricerca continua di una visione della realtà attraverso il mirino, un’interpretazione sempre personale della vita e delle sue dinamiche. Non ho avuto mai qualcosa di specifico da fotografare, andavo a sensazioni: macro, paesaggi, ritratti, street. Attualmente ha un posto e un ruolo fondamentale nella mia vita, da una forte passione è diventata anche un lavoro. Cerco però sempre di rimanere in quella linea sottile che divide la fotografia fatta con passione e amore e la fotografia vista come professione che a volte può prendere il sopravvento sull’altra.
Come si è evoluta la tua cultura fotografica: pratica, partecipazione a corsi, studio dei grandi autori, visite a mostre, ricerche sul web, libri di tecnica……
Si è evoluta nel corso degli anni, ed è stata caratterizzata da tutto quello indicato: pratica, partecipazione a corsi, studio dei grandi autori, visite a mostre, ricerche sul web, libri di tecnica,
cinema, studio dei grandi direttori della fotografia nel cinema. Oltre all’attrezzatura ho investito molto nella formazione personale… quando scattiamo, esprimiamo con un semplice e banale gesto tutta la nostra formazione, tutto il nostro background culturale, tutta la nostra anima e sensibilità. Per questo consiglio sempre… aspettate, lasciate che le cose accadano, siate tenaci, rimanete sempre curiosi, amate ciò che fate, rispettate sempre le persone… sono i segreti per avere sempre una buona fotografia, ma soprattutto per far crescere culturalmente la vostra anima! Prima del fotografo viene sempre la persona e la sua etica.
A riguardo vi consiglio vivamente di leggere la lettera che Sergio Larrain ha scritto a suo nipote Sebastián Donoso… la sintesi per una crescita fotografica.
Hai dei generi fotografici che prediligi o ti piace la fotografia a 360°?
Interpreto la fotografia nel suo vero significato, ogni situazione per me è un palcoscenico e ha sempre qualcosa da raccontare. Non nascondo però la grande passione per la musica jazz ed ogni volta che un evento accade mi coinvolge anche emotivamente.
Rapporto analogica/digitale e rapporto colore/bianconero, come ti muovi nei confronti degli eterni dilemmi di fondo che agitano (scherzosamente) la vita di molti fotografi?
Attualmente il mio corredo è composto da apparecchi digitali, viviamo in una società dove vengono divorate in un secondo migliaia e migliaia di immagini. Anche nel lavoro i tempi sono diventati sempre più serrati la tecnologia sta facendo passi da gigante ed il digitale ci aiuta e oramai ha preso il sopravvento sull’analogico anche se qualcosa sta tornando per cercare di fermare il tempo e assaporare il vero gusto della fotografia. Personalmente cerco di riequilibrarmi dalla velocità e dal dinamismo della fotografia attuale con una LEICA MONOCHROME. Fuoco manuale con telemetro e sensore bianco e nero… l’essenza e la purezza! Quando ho bisogno di tornare alle origini, dimentico tutto ed esco con un solo corpo macchina e un solo obbiettivo, scatto poco, ma veramente poco ed interpreto lo sviluppo digitale nella stessa maniera di quello analogico con i suoi tempi, le sue pause e le sue emozioni. Amo sia il colore che il bianco e nero, ma se voglio “toccare il cuore” di chi osserva il tutto diventa monocromatico, perché come diceva Kim Hunter ”le emozioni sono molto più forti in bianco e nero, il colore distrae, piace aall’occhio, ma non necessariamente raggiunge il cuore”
Partecipi alla vita di un fotoclub? Puoi motivare questa tua scelta? Cosa ti affascina delle attività collettive?
Ammiro tutte le attività dei fotoclub, non solo locali o regionali, ma anche nazionali. Il poco tempo a disposizione e i vari impegni purtroppo non mi portano a partecipare attivamente alla vita di ognuno di loro. Seguo i loro eventi, i loro appuntamenti, e mi congratulo con chi riesce a tenere aggregate tante persone con un’interesse comune, soprattutto in questo particolare periodo della nostra società. C’è sempre qualcosa da imparare ai loro incontri soprattutto dal punto di vista umano, e nascono sempre nuove idee da sviluppare e condividere.
Come ti poni nei confronti del portfolio fotografico e come vivi questa esperienza?
Il portfolio fotografico è il classico biglietto da visita di ogni fotografo che sia amatoriale o professionale. È molto importante perché serve per farci conoscere, per far capire ai vari social e al mondo ciò che sappiamo fare. Personalmente preferisco un portfolio che narri la nostra capacità di fotografare ma in una situazione di narrazione di una storia piuttosto che una singola foto, do più valore a questo che alla pura tecnica fotografica. Le regole bisogna conoscerle, ma a volte la trasgressione esplora nuovi mondo e orizzonti.
Hai qualche progetto fotografico in gestazione e ce ne vuoi dare un accenno?
Sto sviluppando dei progetti personali, non voglio svelare di più, ma dico solamente che sto esplorando a fondo il mondo del bianco e nero con le sue luci e le sue ombre. Solitamente non mi concentro solamente su un unico progetto, in contemporanea ne porto avanti diversi in modo da creare sempre stimoli e interessi con il mondo che mi circonda.
In due righe pensa di voler convincere un amico a dedicarsi alla fotografia, cosa gli diresti?
Oggi è molto semplice iniziare a fotografare, anche un cellulare basta per avvicinarsi e scoprire questo fantastico mondo. Dico solamente di investire moltissimo in formazione con workshop, mostre, cinema, libri e farsi guidare dall’istinto e fotografare ciò che più crea emozioni e sentimenti. Nel corso del tempo le situazioni, l’esperienza ed il nostro modo di vedere il mondo porta a cambiare la percezione di ciò che ci
circonda e allora rimettiamoci in discussione ed elaboriamo nuove esperienze fotografiche. Non rimaniamo ancorati sempre sulle stesse cose, dobbiamo creare emozioni con la nostra fotografia e la più grande cosa è trasmetterle a chi si sta soffermando davanti ad un nostro scatto.
Domanda che Andrea pone a se stesso: capire il rapporto tra la fotografia ed il jazz, tipo è nato prima l’uovo (il jazz) o la gallina (fotografia), come si legano queste due pulsioni artistiche nella tua attività; normalmente gli appassionati di fotografia jazz sono prima di tutto appassionati di musica jazz e poi hanno unito la passione fotografica.
Il jazz è attualmente una forma musicale, ma nacque tra la fine del 1800 e inizio del 1900 come fenomeno sociale dagli schiavi afroamericani che trovavano conforto e speranza nelle loro anime improvvisando collettivamente ed individualmente canti. La fotografia ha una data di nascita “ufficiale”: 9 luglio 1839 quando al procedimento fotografico di Louis Jacque Mandè Daguerre viene concesso il brevetto dall’Accademia delle Scienze di Parigi.
Foto e jazz si sono incontrati alle origini del jazz con un ruolo estetico e culturale, la fotografia è stato lo strumento integrativo per qualificare forme e contenuti musicale di un progetto comunicativo e spettacolare per la società.
Personalmente ascolto musica jazz dall’età di quindici anni e nello stesso periodo iniziavo a muovere i primi passi nel mondo della fotografia. Due arti che hanno caratterizzato la mia vita sino a farle incontrare casualmente 10 anni fa e che sin da subito hanno trasmesso il loro legame e il loro potere attraverso un coinvolgimento a 360 gradi fatto di amore e passione, ora inseparabili !
– La foto del cuore
Difficile scegliere la “foto del cuore”, ognuna ha un significato, un suo perché. Naturalmente non parlo di scelta per la perfezione dal punto di vista tecnico o compositivo, ma dal suo contenuto. Poi nel tempo le foto del “cuore” cambiano o si aggiungono alle tante degli anni passati. Attualmente una foto che reputo un passaggio importante per la mia attività fotografica professionale è quella scattata a Terni nel corso di Umbria Jazz Spring. Una foto scattata fuori dal bar mentre dentro si stava svolgendo un concerto. Il suo momento, la sua composizione, la sua chiave di lettura, il fatto di averla scattata con LEICA a fuoco manuale, hanno aperto la mia mente e la mia strada alla filosofia del mondo Leica per il quale brand sono certificato dall’Ottobre 2019.
– Il portfolio (che non è un portfolio…)
Non è un lavoro, non è un portfolio, è una gallery del mondo dove mi muovo e lavoro a livello fotografico e dove nascono le mie storie da raccontare attraverso la fotografia.
– Andrea sul web
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All about Jazz USA
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