“Dedicato a tutte quelle persone che hanno tentato con tutte le loro forze di trovare una vita migliore ma che non ce l’hanno fatta.”

Immagini e regia: Fabio Mignanelli
Testi: Claudio Colotti
Montaggio e sonoro: Teofilo Celani

HASSAN ABDULLAH
Con l’arrivo del caldo mi affaccio dal balcone, e allora ripenso alla mia povera vita in Africa. Ripenso all’affetto di mia madre che non vedo da 4 anni e che mi riempie il cuore di gioia, ma anche alle parole cattive di un mio professore: «non ce la farai mai» mi diceva e invece sono qua, nonostante la sua sfiducia, nonostante un mare che pareva inghiottirmi.
Come fai a non pregare quando ti assale la paura, quando ti senti solo, abbandonato, la testa pesante. Lo facevo in Africa e lo faccio ancora di più qui.
Perché i pensieri brutti, i problemi svaniscono. Perché pregando mi sento un uomo libero.
La cosa che mi fa più paura è l’idea di perdere mia madre. La voce di mia madre dal cellulare è come una carezza, mi fa sentire al sicuro. Non la vedo da quattro anni e il pensiero che possa morire senza incontrarla mi terrorizza.
Mi piace fare il cameriere, i miei colleghi mi vogliono bene e io voglio bene a loro. Ho un contratto a termine ma per fortuna so che i titolari del ristorante me lo rinnoveranno, sono contenti di come lavoro. Quando è il giorno di paga sono contentissimo, significa che ho fatto il mio dovere, che ho un ruolo qui in Italia.
Nel profondo spero che la mia creatività mi permetta di diventare un cantante o un fotomodello. Ma anche se non succederà non è un problema, perché il mio desiderio più grande è che mia madre sia fiera di me, dimostrarle che ce l’ho fatta.

SANDRA SUNDAY
Cosa mi rende felice? vedere mia figlia giocare. Sapere che crescerà qui in Italia mi dà tanta serenità. Guardo Eva e penso che quel viaggio infernale dalla Nigeria a qui non è stato inutile. Mia figlia dà un senso anche al dolore che ho provato in Marocco, quando anche chi diceva di aiutarmi mi ha tradita.
Dell’Africa mi mancano solo le mie amiche. Mia madre è morta quando avevo 16 anni, ero sola e povera. Qui invece sono diventata mamma e ho trovato anche un lavoro in una parrucchieria. La mia vita è ricominciata qui in Italia.
Sapere che Eva crescerà qui, lontana dall’Africa, mi fa stare tranquilla. Certe volte diventa triste perché sa che devo andare a lavoro e dobbiamo separaci, ma per fortuna abbiamo trovato persone che ci vogliono bene. Gloria per me è come una sorella più grande, Eva con lei sta benissimo. Gloria e suo marito sono le persone più preziose che ho, so che a loro posso raccontare tutto, so che mi aiuteranno.
Sentire Eva parlare l’Italiano meglio di me è un’emozione, significa che la sua vita è in Italia, in Europa. Magari in futuro avrà la curiosità di visitare i luoghi dove io sono cresciuta, ma non vorrei mai che decidesse di tornare in Africa per vivere lì. Il mio più grande desiderio è che Eva abbia una buona vita e possa trovarsi nella condizione di realizzare i propri sogni.

ABDOULAYE DIALLO
Disegno per passare il tempo, ma anche perché non sempre riesco a dire quello che ho dentro. Della vita in Africa mi rimangono i segni sulla mia pelle. Avevo 12 anni, mio padre era morto da poco e mio zio dopo un piccolo litigio cercò di uccidermi con un coltello.
Da quel momento la mia vita è stata un continuo scappare dalla fame e dai trafficanti di uomini. Per me l’Africa è fuga, paura e sfruttamento. Il primo giorno in cui ho provato felicità? è stato quando sono sbarcato a Lampedusa e poi quando mi hanno consegnato il permesso di soggiorno. Quel foglio significava che finalmente ce l’avevo fatta, potevo stare in Italia.
Qui in Italia ho imparato ad andare in giro senza temere che qualcuno potesse farmi del male. Ho imparato a fidarmi delle persone. Mi piace stare in mezzo alla gente, non mi fa sentire solo. In passato non ero così.
La cosa che più mi preoccupa è il lavoro. Io sono disposto a fare tutto, ho lavorato in un deposito di smaltimento rifiuti assieme ad altri ragazzi africani. Quando sta per scadere il contratto ho sempre paura perché lo so che in Italia c’è la crisi e non è detto che me lo rinnovino. Tutto dipende dal lavoro. La vita per me non è mai stata semplice, ma adesso la mia casa è questo splendido paese che mi ha accolto. Non voglio andarmene, è qui che vorrei costruire la mia famiglia.

MOUSSA DANKORABA
Io penso alla mia vita come ad un albero, in continua crescita, in continuo sviluppo. Grazie all’Italia ho scoperto che mi piace molto il lavoro in campagna, stare all’aperto in mezzo alla natura. In futuro mi piacerebbe fare l’agricoltore e vendere i prodotti della terra nei mercati.
Sono arrivato qui 4 anni fa dopo un viaggio durato quasi un anno fatto di sfruttamento e torture. Dell’Italia amo tutto: la tranquillità, il vostro modo di vivere. Mi arrabbio quando vado in giro e la gente mi guarda male senza motivo, quando vengo giudicato solo perché sono africano. Però non mi lamento, alla fine sono stato fortunato, io sono ancora vivo. E poi le cose veramente brutte sono altre e le ho vissute il Libia.
A volte mi sento solo e allora ripenso ai miei amici rimasti in Africa. La mia più grande paura è la malattia, senza la salute non c’è lavoro, non ci sono soldi, non c’è niente. Quando ci penso provo tanta tristezza e allora mi dico che è meglio vivere giorno per giorno.
Non amo stare da solo. Per questo mi piace vivere assieme agli altri miei amici, anche perché quando siamo in difficoltà ci aiutiamo tra noi. La scuola è un’esperienza umana molto bella e Jesi mi piace, è piccola e mi ha accolto, però preferirei vivere in una città più grande dove ci sono maggiori possibilità di lavorare. Sento che l’Italia è la mia casa. Qui finalmente vedo un futuro per la mia vita.

HASSAN MALIK MAIGA
Nel 2017 Malik scappa dall’orrore della guerra civile che funesta il Mali. Attraversa il Niger con mezzi di fortuna ed entra clandestinamente in Libia.
Una notte, assieme a decine di ragazzi come lui, salpa da Tripoli su un gommone e dopo un viaggio infernale si ritrova a vagare per le strade di Catania. Le autorità italiane gli riconoscono la Protezione Internazionale.
Nel 2018 compiuta la maggiore età entra nel progetto d’inclusione e viene trasferito a Castelbellino, nelle Marche, dove collabora con la Cooperativa Sociale Onlus Vivere Verde.
Malik non conclude il progetto, abbandona la Cooperativa per trasferirsi in un’altra regione, attualmente non è più reperibile.

Descrizione del progetto
Contesto di riferimento
Le Marche e la provincia di Ancona, come tutto il resto d’Italia, è stata interessata negli ultimi anni del fenomeno migratorio relativo agli sbarchi nell’Italia meridionale.
In tale contesto i/le richiedenti protezione internazionale, giunti con i c.d. barconi, vengono suddivisi nel territorio nazionale attraverso quote.
Nella provincia di Ancona numerosi sono gli enti che gestiscono strutture di accoglienza di richiedenti protezione internazionale e titolari di protezione (CAS e SPRAR – oggi SIPROIMI), gestiti rispettivamente dalle Prefetture e dagli Enti Locali.
I migranti nel territorio spesso sono vittime di discriminazioni o atti di insofferenza, anche dovuti a stereotipi, luoghi comuni e leggende metropolitane sul loro conto (principalmente legati a paura di aumento di criminalità o “rubare il lavoro” agli italiani, o ancora che sono portatori di malattie)
Ciò oltre a non essere un dato reale crea spesso livelli di criticità nella civile convivenza.
Occorre sottolineare che, comunque, rarissimi sono stati i casi conclamatiti di intolleranza razziale o di criminalità o ancora rispetto all’aumento di particolare patologie mediche.